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Schede primarie
buona seeeeeera
inesperti e non addestrati. Infatti, va ricordato che Roma non ha mai posseduto fino alla tarda Repubblica un esercito professionale permanente, ma si arruolavano le legioni in occasione delle campagne militari. Tuttavia, una spedizione di repressione del brigantaggio e cattura di schiavi fuggitivi era considerata non particolarmente onorevole dal punto di vista militare per i legionari, i quali non avevano neppure la prospettiva di fare bottino di guerra, visto che si trattava, diremmo noi oggi, di un’operazione di polizia militare interna, dunque, senza speranza di saccheggio, né di premio di congedo.
Quando Glabro cinse d’assedio la posizione sulla quale si erano asserragliati Spartaco ed i suoi, questi ultimi, profittando dell’oscurità, riuscirono ad aggirare l’accerchiamento senza che le sentinelle romane se ne accorgessero, per cui riuscirono addirittura a circondare l’accampamento romano e forti della sorpresa l’attaccarono, sterminando una gran parte dei legionari, mentre altri ancora si davano ad una precipitosa fuga in quella che viene denominata "battaglia del Vesuvio". Questo successo militare ottenuto grazie all’esperienza militare di Spartaco ed alla sua sagacia tattica fece accorrere tra le sue fila un enorme numero degli schiavi fuggitivi, pastori e contadini poveri dei dintorni del Vesuvio, sicché la cinta d’assedio posta intorno al Vesuvio fu spezzata e più legioni romane finirono per essere successivamente e nettamente sconfitte in Campania.
Il successo militare più eclatante ottenuto dai rivoltosi fu quello conseguito contro il pretore Publio Varinio ed i suoi legati propretori, Furio e Cossinio: Spartaco non si limitò a sconfiggere i soldati, ma riuscì anche ad impadronirsi dei cavalli, delle insegne delle legioni e dei fasci littori del pretore. Da questa posizione egli riuscì a dominare su tutta la ricca regione campana.
In effetti, accadde che Cossinio si fece cogliere di sorpresa mentre faceva il bagno a Saline, una località tra Herculaneum e Pompei ed a stento riuscì a salvarsi, per il momento, dal colpo di mano operato dai ribelli. Successivamente dopo un inseguimento, Spartaco operò l’assalto finale nel quale perirono moltissimi legionari e lo stesso legato. Quindi, venne il turno di Varinio il quale, dal canto suo, aveva preso delle contromisure preventive atte a dissuadere attacchi di sorpresa del nemico. Tuttavia, la disciplina militare nel campo romano lasciava molto a desiderare: parte dei legionari era ammalata mentre la parte superstite si era ammutinata evidentemente per l’incapacità nell’esercizio del comando militare di Varinio, oltre che per la scarsa qualità umana dei reparti a disposizione del pretore, che si vide costretto ad inviare il questore Caio Toranio, allo scopo di fare rapporto al Senato sull’andamento delle operazioni.
Non deve assolutamente sorprendere un simile rovescio subito dalle armi romane, sia perché non si trattava delle legioni migliori, sia perché i pretori ed i loro legati, ufficiali arruolati al seguito e tratti dal loro entourage politico–amministrativo–amicale, erano spesso e volentieri completamente digiuni di strategia e di tattica militare, siccome in Roma si occupavano essenzialmente di esercitare la giurisdizione e solo raramente, ed in casi eccezionali, erano investiti di comandi militari.
Evidentemente, i consoli in carica Gaio Cassio Longino e Marco Terenzio Varrone Lucullo non avevano particolare interesse ad impegnarsi in questa campagna e la sottovalutazione di Spartaco fu la causa dell’espandersi del conflitto, che causò molte perdite umane ed economiche. Resosi conto di ciò, Spartaco decise di volgere la sua marcia verso sud in direzione di Cuma, dopo essere riuscito a spezzare il tentativo di accerchiamento e successivo aggancio operato da Varinio. I ribelli spartachisti riuscirono a svernare nel 73-72 a.C. indisturbati, anzi non solo con le razzie si alimentavano, ma riuscirono anche ad equipaggiarsi con armi fabbricate da loro stessi.
Tuttavia, iniziò a serpeggiare il seme della discordia anche nel campo di Spartaco, poiché i ribelli Galli e Germani, capeggiati da Crisso ed Enomao volevano riprendere l’iniziativa attaccando le legioni romane, mentre Spartaco, ben consapevole della resistenza e capacità di ripresa sulla lunga distanza degli eserciti romani, era contrario. Infatti si decise di estendere la rivolta anche a Sud della Campania, occupando quindi la Calabria e la Lucania (corrispondente a quasi tutta l'attuale Basilicata, esclusa la zona di Melfi, e gran parte dell'attuale provincia di Salerno). In queste zone, contro gli ordini stessi di Spartaco i ribelli Galli e Germani si abbandonarono ad ogni sorta di violenza, saccheggio, devastazione: villaggi bruciati, donne stuprate e assassinate, bestiame depredato, sembrava che un’apocalisse si fosse abbattuta sulla Campania. Tutti i tentativi di Spartaco d’impedire questi eccidi furono vani, tanto che iniziò ad attirarsi l’odio dei suoi stessi seguaci.
Nel 72 a.C. sembrò che il Senato iniziasse a prendere sul serio la rivolta spartachista, sulla scia dell’indignazione popolare che aveva sollevato la scia di sangue, saccheggi e stupri commessi dagli schiavi fuggitivi e deliberò che i consoli di quell’anno, Lucio Gellio Publicola e Gneo Cornelio Lentulo Clodiano schiacciassero la rivolta. Crisso, con una maggioranza di ribelli celti e germanici ai suoi ordini, scese in Apulia (oggi Puglia), ma qui fu sconfitto da Publicola nella "Battaglia del Gargano". L'esito fu così disastroso che Quinto Avio, il propretore di Gellio, riuscì assolutamente indisturbato ad uccidere Crisso con un pugnale.
Spartaco non si intimorì alla notizia della morte dell'alleato, ed anzi riuscì a battere nuovamente le truppe romane, attestate in due eserciti comandati dai consoli Lucio Gellio Publicola e Gneo Cornelio Lentulo Clodiano uno di qua e uno di là dell'Appennino. [1] L'esercito comandato dal console Clodiano Lentulo, nel tentativo si sbarrare il passo agli insorti, sarebbe stato sconfitto (estate del 72 a.C.) nei pressi di una zona dell'Appennino, che in una pubblicazione di Laura Battistini, (attingendo alla descrizione di Sallustio, Fragments de la Grande Histoire, Quatrieme Livre, CCCXXXVII; e a diverse altre fonti storiche accreditate), viene indicata nell'attuale località di Lentula al confine fra le province di Pistoia e di Prato. [4] [2] [3]. Spartaco ebbe la meglio anche sul governatore della Gallia cisalpina, il proconsole Caio Cassio Longino Varo [4], che gli venne incontro nei pressi di Mutina (l'attuale Modena) con un esercito di 10.000 uomini, ma fu letteralmente sbaragliato ed a stento si salvò, dopo un’enorme strage di legionari romani.
Addirittura Spartaco, quasi come per una pena del contrappasso, immolò ben 300 prigionieri romani in occasione del funerale di Crisso, mentre alcuni prigionieri furono costretti a combattere come gladiatori in giochi improvvisati. Era quindi praticamente riuscito nel suo intento, cioè quello di attraversare le Alpi in modo da lasciare ognuno libero di tornare alla propria casa o trovare una nuovi sistemazione fuori dall'Italia liberi. Tuttavia una grande parte degli schiavi vittoriosi (soprattutto i contadini meridionali) volle restare in Italia o al limite marciare contro Roma, approfittando del momento di debolezza dell'esercito romano.
Spartaco inizialmente non aderì a questo progetto, convinto del suo fallimento: egli avrebbe preferito arrivare nella provincia romana della Gallia del sud (Gallia Narbonense), in modo da avere il sostegno della popolazione locale che già da tempo mostrava una certa insofferenza verso la recente dominazione romana. Decise comunque di accettare la volontà della maggioranza, a patto che essi fossero tornati al sud in modo da avere più alleati (gli eserciti romani erano sempre in netta superiorità numerica), non senza aver prima sconfitto di nuovo un esercito consolare nel Piceno. A quel punto le fonti riportano che balenò tra i ribelli l’idea di attaccare la stessa Roma, dove già serpeggiava la paura di un nuovo incendio gallico, ma Spartaco fece desistere i suoi, poiché valutava di non avere un esercito abbastanza armato ed equipaggiato da poter sostenenere l'assedio impegnativo della città di Roma.
Perciò, guidò le sue truppe verso la Lucania e si fermò nei pressi di Turi, ove riarmò il suo esercito, alimentandolo con le razzie ed i saccheggi e si scontrò nuovamente coi i Romani che furono ancora una volta sconfitti.
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